Tutto si può dire tranne che il summit dei Paesi non allineati (NAM) sia noioso. Se non si fosse tenuto a Teheran, probabilmente nessuno gli avrebbe dato peso. Per la Repubblica islamica è stata l’occasione per rilanciarsi in campo internazionale ergendosi a leader di un fronte quanto mai eterogeneo. L’organizzazione raccoglie 120 Paesi ma ormai da molti anni ha perso l’energia dei tempi in cui i vari  Tito, Nehru e Nasser cercavano uno spazio tra Usa e Urss. L’Egitto ha presieduto il NAM negli ultimi tre anni; per i prossimi due toccherà all’Iran. Ma è improbabile che Teheran riesca ad avere una leadership politica effettiva.

La Guida Khamenei, nel discorso di apertura, ha citato la Conferenza di Bandung del 1955 quasi a rievocare lo spirito originario dell’organizzazione.  Ha poi aggiunto: “Nel recente passato siamo stati testimoni del fallimento delle politiche dell’era della Guerra  Fredda e dell’unilateralismo che ne è seguito. Imparata la lezione da questa esperienza storica, il mondo è ora in una fase di transizione  verso un nuovo ordine internazionale e il movimento dei Non Allineati  può e deve giocare un ruolo”.

Khamenei ha poi definito il Consiglio di sicurezza Onu una “struttura illogica, ingiusta e non democratica”. Dopo le solite accuse a Israele e Stati Uniti, ha poi ribadito che l’Iran non rinuncerà al nucleare civile.

 

Effetto Morsi

La presenza del neo presidente egiziano Mohamed Morsi è un evento storico. Egitto e Iran non hanno relazioni diplomatiche dal 1979 e in passato tra i due Paesi ci sono stati momenti di forte attrito. A Teheran ancora oggi una piazza è intitolata a Khalid al-Islambuli, l’uomo che nel 1981 uccise il presidente egiziano Sadat, reo di aver firmato la pace con Israele.

Morsi ha definito l’Iran un “Paese fratello”, ma ha poi suscitato notevole imbarazzo invocando il sostegno del NAM alla lotta del popolo siriano contro il regime di Assad. La delegazione di Damasco ha abbandonato la sala, mentre i media iraniani hanno censurato l’intervento.

Ban Ki Moon critica Tehran

Non meno importante l’intervento del segretario generale dell’Onu Ban Ki-Moon. Usa e Israele avevano fortemente criticato la sua scelta di partecipare alla conferenza (il premier israeliano Benyamin Netanyahu aveva addirittura definito il summit “una macchia per l’umanità”), ma la sua presenza è stata tutt’altro che decorativa. L’opposizione iraniana all’estero gli chiedeva di  fare pressione per la liberazione di Mousavi, ancora agli arresti domiciliari (e reduce da un intervento cardiochirurgico nei giorni scorsi). Moon ha criticato la Repubblica islamica per la sua intransigenza nella querelle nucleare. “L’Iran adempia alle risoluzioni Onu, Israele smetta di minacciare la guerra”, questo, in sostanza, il messaggio.

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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    Tutto si può dire tranne che il summit dei Paesi non allineati (NAM) sia noioso. Se non si fosse tenuto a Teheran, probabilmente nessuno gli avrebbe dato peso. Per la Repubblica islamica è stata l’occasione per rilanciarsi in campo internazionale ergen…

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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