Come abbiamo avuto modo di dire diverse volte, l’Iran – e la Repubblica islamica – sono tutto tranne che realtà monolitiche e immutabili. Il sistema politico nato dopo la rivoluzione del 1979, ha già conosciuto una prima riforma nel 1989. La scomparsa di Khomeini e con essa la fine della prima fase post rivoluzionaria, convinse i vertici della Repubblica islamica a modificare alcuni punti importanti della Costituzione elaborata dieci anni prima.
La riforma del 1989
Le modifiche apportate al testo approvato con referendum popolare nel dicembre 1979 furono essenzialmente tre: abolizione della figura del premier, con conseguente aumento dei poteri del presidente della repubblica; creazione del Consiglio del discernimento, per mediare tra parlamento e Consiglio dei Guardiani; riforma dei requisiti necessari per la scelta della Guida suprema (non più indispensabile il titolo di marja-e taqlid, cioè “fonte di imitazione”, ma sufficiente il titolo di mujtahid, cioè esperto di diritto islamico).
Le riforme si resero necessarie a causa di diversi problemi. Da un lato, le continue tensioni tra parlamento e Consiglio dei Guardiani, che di fatto bloccavano i lavori legislativi. Lo stesso premier era spesso ostacolato da una maggioranza parlamentare a lui ostile e non riusciva a portare avanti la propria azione di governo. Era inoltre evidente che, dopo la caduta in disgrazia di Montazeri, erede designato di Khomeini per il ruolo di Guida, si doveva assicurare in tempi rapidi una continuità nella scelta della figura principale della Repubblica islamica. Khomeini muore il 3 giugno 1989 e un mese e mezzo dopo, il 28 luglio, un referendum approva le modifiche alla Costituzione. Di fatto, nasce allora la seconda Repubblica islamica.
Le riforme, oggi
L’8 maggio 2019 il deputato riformista Mostafa Kevakebian ha annunciato di essere al lavoro per una legge chiamata “Terza Repubblica”. Gli hanno fatto eco altri parlamentari, riformisti e conservatori moderati, che si sono detti favorevoli a modificare alcune parti del testo costituzionale. Al centro del dibattito c’è il peso – giudicato eccessivo – del Consiglio dei Guardiani in materia elettorale, soprattutto per quanto riguarda il potere di veto sui candidati. Altri parlamentari si sono detti favorevoli ad aumentare i poteri del presidente, altri – soprattutto conservatori – sarebbero favorevoli e reintrodurre la figura di un premier che risponda solo al parlamento. Su posizioni ben diverse, alcuni conservatori radicali auspicano l’eliminazione della figura del presidente eletto.
In questo quadro, il 22 maggio la Guida Ali Khamenei si è detta contraria al ripristino della figura del premier, ma ha definito “accettabili” alcune modifiche alla Costituzione.
D’altra parte, una nuova riforma risponde a un dato oggettivo: quarant’anni dopo la rivoluzione, non si è formata in Iran una nuova generazione di politici religiosi in grado di raccogliere il testimone dei padri della Repubblica islamica. Per sopravvivere, il sistema dovrà necessariamente trasformarsi, anche attraverso una revisione delle istituzioni e dei processi decisionali.
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