Una donna presidente della Repubblica islamica dell’Iran? Fermi tutti: è una battuta o un’ipotesi politica? Andiamo con ordine: in Iran una donna può essere eletta presidente?

Teoricamente non esiste una norma, nella Costituzione iraniana, che proibisca a una donna di candidarsi. Nel testo si usa infatti la parola rejal, che può essere tradotto come “dignitario” o “personalità del potere”. In persiano, come noto, le parole non hanno genere.

Finora, comunque, il Consiglio dei Guardiani non ha mai ammesso una candidata donna.

Da qualche giorno circola la voce secondo la quale lo schieramento conservatore sarebbe pronto a puntare su una candidata per sfidare il presidente in carica Hassan Rouhani alle elezioni di maggio. La prescelta sarebbe Marzieh Vahid-Dastjerdi, già ministro della Sanità nel secondo governo di Mahmud Ahmadinejad. 

Parlamentare conservatrice dal 1991 al 1999, Vahid-Dastjerdi è stata infatti nominata portavoce del Fronte Popolare delle Forze Rivoluzionarie, un primo tentativo di coalizione tra le figure più importanti tra i cosiddetti principalisti.

L’imperativo, per i conservatori, è non ripetere l’errore strategico del 2013, quando si presentarono divisi e spianarono la strada a Rouhani. Dato che pare scontato che il voto di riformisti e moderati confluirà sul presidente in carica, per il fronte opposto è fondamentale non disperdere i consensi.

La mossa del cavallo

Puntare su una donna sarebbe una mossa per molti versi davvero innovativa per la politica iraniana. Non deve stupire più di tanto il fatto che siano i conservatori a ipotizzare questa soluzione: nel 2009 lo stesso Ahmadinejad arrivò a includere tre donne nella sua lista dei ministri. Fu poi il parlamento (in Iran la fiducia viene accordata ai singoli ministri) a bocciarne due e a dare via libera alla sola Marzieh Vahid-Dastjerdi. Che, va detto, non portò a termine il proprio mandato, dimettendosi alla fine del 2012 per contrasti con lo stesso Ahmadinejad, dovuti probabilmente alla sua vicinanza ai fratelli Larijani (Bagher era suo viceministro), all’epoca in rotta di collisione col presidente in carica.

Ma una mossa del genere catturerebbe consensi nel campo avverso? In un’intervista al quotidiano Shargh, la parlamentare riformista Parvaneh Salahshoori si è detta contenta di un’eventuale candidatura di Vahid-Dastjerdi, definendola una “politica competente anche se priva del necessario carisma per essere presidente”.  E ha sottolineato che – anche qualora questa candidatura ricevesse il via libera dal Consiglio dei Guardiani –  “i riformisti non avrebbero comunque alcun motivo per sostenere un candidato che non sia Rouhani”.

 

Chi è Marzieh Vahid-Dastjerdi

Classe 1959, Marzieh Vahid-Dastjerdi è figlia di un ex presidente della Mezza Luna Rossa iraniana. Ostetrica, ha insegnato all’Università di Teheran per tredici anni, prima di essere eletta in parlamento la prima volta, nel 1993. Nel 2009 diventa la prima donna ministro della Repubblica islamica (la terza in assoluto nella storia dell’Iran).

A gennaio 2017 il suo nome comincia a circolare tra gli ambienti conservatori come possibile candidato unitario in funzione anti Rouhani. Potrebbe essere un’operazione di facciata, ovviamente. Ma potrebbe anche essere il segnale di un ripensamento globale della politica iraniana. C’è chi parla anche di una possibile riforma costituzionale che riveda in modo profondo il ruolo stesso del presidente della Repubblica, diminuendone poteri e visbilità a favore della Guida che verrà dopo Khamenei. Forse sono soltanto ipotesi, ma, di certo, la scomparsa di un pezzo da novanta come Rafsanjani e la scelta di una donna come possibile candidato dei conservatori sono due elementi che rimescolano le carte in modo imprevedibile a pochi mesi dalle presidenziali.

 

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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