Il secondo turno delle elezioni parlamentari consegna all’Iran un majles con diverse novità. Andiamo con ordine. Ricordiamo che si votava per assegnare 69 seggi, nei collegi in cui nessun candidato aveva ottenuto almeno il 25% al primo turno. Secondo il Ministero degli Interni, l’affluenza è stata del 59% degli aventi diritto, più o meno la stessa percentuale registrata a febbraio.
In Iran l’affiliazione dei singoli deputati non è mai chiarissima e questo genera sempre una certa confusione nell’analisi del voto. Va detto che la “Lista della speranza”, l’alleanza tra moderati e riformisti che sostiene il presidente Rouhani, ha ottenuto almeno 131 seggi contro i 124 dei conservatori. Secondo l’agenzia Fars, vicina ai Pasdaran, sarebbero invece in maggioranza i conservatori, 126 a 112. Ago della bilancia, saranno gli 85 indipendenti.
Al di là del confronto tra gli schieramenti politici, queste elezioni segnano due record: il numero massimo di donne elette sinora nella storia della Repubblica islamica (17) e il numero più basso di religiosi eletti (16). Nel nuovo majles, ci saranno dunque più donne che religiosi.
Nel parlamento uscente, le deputate erano solo 9, tutte conservatrici.
E un cambiamento forse minimo, ma significativo di una società che sta cambiando. Tanto per fare un confronto, basti pensare che nel primo parlamento eletto dopo la rivoluzione del 1979, i religiosi erano ben 164 su 290.
Da questo punto di vista, la “democrazia in Iran” (le virgolette non sono esornative..) e le sue manifestazioni più esplicite (elezioni, campagne elettorali, affluenza alle urne) offrono sempre spunti di riflessione interessanti.
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Le 17 nuove deputate iraniane sono tutte relativamente giovani, la metà di loro ha meno di quarant’anni. Nessuna di loro è ascrivibile al gruppo dei conservatori. Alcune sono arrivate in parlamento dopo una competizione elettorale durissima.
Sarà poi un parlamento quasi completamente nuovo: il 75% dei deputati non era infatti presente nel majles uscente.
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