Nonostante non ci siano le file chilometriche come al padiglione del Giappone o a quello degli Emirati Arabi, il Global Sofreh dell’Iran sta riscuotendo un buon successo all’Expo di Milano. E’ un padiglione che incuriosisce il visitatore e non lo sfianca. L’ingresso leggermente in salita consente di sbirciare all’interno, dato che si tratta di un padiglione senza una vera e propria chiusura.

E’ uno spazio da attraversare, da percorrere, più che visitare. In un certo senso, si tratta davvero di un’esperienza, più che di una visita. Se i video trasmessi sulle pareti avrebbero senz’altro avuto bisogno di una traduzione più accurata, l’atmosfera complessiva del padiglione è sicuramente coinvolgente.

Il ristorante non è propriamente economico, ma permette comunque di assaggiare sapori iraniani veri. Peccato non sia servito dough, una bevanda tipica che accompagnerebbe benissimo i piatti nel menu.

Come riportato sul sito Expo, il tema della partecipazione è

“Global Sofreh, Iranian Culture”

Il popolo iraniano coltiva la convinzione che l’essenza del mondo sia basata sulla saggezza, per questo l’approccio al Tema Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita è applicare la saggezza per trovare soluzioni ragionate a tale sfida globale. Un altro profondo credo del popolo iraniano è che l’umanità sia “invitata alla festa divina sulla Terra”, un’immagine, questa, dalla quale deriva un’attitudine al consumo di cibo fondata su quattro assiomi: “equità”, “carità”, “appagamento” e “gratitudine”. Sofreh è il concept del Padiglione iraniano per Expo Milano 2015, attraverso il quale i doni di Dio sono presentati ai cittadini del mondo.

Il Padiglione dell’Iran è una tenda gonfiata dal vento con un soffitto ricoperto di specchi. È quindi possibile passeggiare nel verde osservando i riflessi prodotti dagli specchi. Durante il semestre saranno proposti spettacoli tradizionali.

Il progetto del Padiglione

Tradizione, sostenibilità, apertura verso la diversità, sviluppati dall’Iran grazie alla sua posizione strategica di ponte tra Oriente e Occidente, sono i tre temi guida del concept del Padiglione iraniano pensato per Expo Milano 2015. Il concept del Padiglione è stato studiato dal team guidato dall’architetto locale Kamran Safamanesh, la prima fase avanzata di architettura è stata sviluppata da Rah Shahr Architectural Consulting Engineers mentre la seconda fase è stata seguita dallo studio italiano RPA S.r.l. I tre temi sono riassunti da un elemento che li contiene tutti: il sofreh, un riquadro di stoffa che identifica la tavola imbandita, uno degli oggetti più importanti per la cultura culinaria iraniana. Da questa immagine deriva, dunque, l’architettura del Padiglione: una struttura aperta simile a una tenda la cui pelle interna ricorda il ricamo tipico del sofreh. La sua trama racconta la storia del cibo e dell’agricoltura del popolo iraniano passato e presente.

Gradualmente la superficie si dispiega in aria in una parete curva a cellule triangolari, contenente diversi oggetti-teche espositive. In alto un mosaico di specchi riflette e riproduce quanto accade al di sotto. Il padiglione è diviso in due livelli distinti: il piano superiore è dedicato allo spazio espositivo, diviso secondo le sette regioni climatiche dell’Iran, mentre il piano inferiore è riservato ai prodotti tipici e alla cucina iraniana, insieme a tutti gli altri servizi richiesti per l’accoglienza dei visitatori.

 

 

 

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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1 comment

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  • si, ci sono stato un mesetto fa, e sono rimasto abbastanza male, non solo per l’architettura, per essersi sentiti piccoli, e perché si è basati sopratutto sul ristorante, ma su quello che si poteva fare, e molto di più. Sui video trasmessi appare la foto di una rosa, un immagine fissa e accidenti se si poteva far vedere come fanno a Kashan o Ghamsar, in modo tradizionale artigianale il Golaab, l’essenza delle rose. Oppure invece di far vedere le ragazze dai nasi rifatti vestiti da nomadi, avrebbero potuto portare i nomadi stessi in pelle e ossa, a fae danze con i suoni loro, i tessiti, colori naturali, e infatti come dici tu, il dugh, ma fatti nel Mashk, pelle di capra e scuotendo. Più ecologisti di loro????? A me, con la ditta, la più grande pe restaurazione, Ghoreishi, e puntare sul guadagnao, non so che dire. Io avevo fatto un progetto per il padiglione insieme agli studenti dell’Università di Saveh, basato essenzialmente sul coccio, Kuze, sofaal. terra cotta, grande storia del vasellame nel territorio iraniano da Susa a Shahre sukhte, città bruciata di 7000 anni fa. con mattoni maiolicate ecc. Qualcuno all’ambasciata a roma mi aveva appoggiato ma poi svanito in nulla. Non voglio essere critico per forza, per farmi notare, ma con dolore al cuore l’ho considerato un’offesa al popolo e alla storia iraniana. Gli sbagli ortografici a parte, ma addirittura sìconfondere lo con l’ho, è troppo.

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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