No al dialogo con Usa, attenzione ai vicini arabi e alle elezioni di febbraio

Che impressioni ricavare dal discorso tenuto dalla Guida Ali Khamenei nella preghiera del venerdì a Teheran? Innanzitutto, il fatto era di per sé una notizia, visto che era dal febbraio 2012 che non guidava la preghiera del venerdì. La Guida è il Capo di Stato dell’Iran: i suoi discorsi pubblici non sono rari, ma la preghiera del venerdì è comunque un’occasione di particolare rilievo politico.

L’undicesima volta di Khamenei

Da quando divenne Guida nel giugno 1989, Khamenei ha guidato la preghiera del venerdì undici volte. La prima volta fu subito dopo la sua elezione da parte dell’Assemblea degli Esperti. La seconda fu nel 1991, per dichiarare il sostegno alla rivolta degli sciiti iracheni contro Saddam Hussein. La terza volta fu soltanto sette anni dopo, nel 1998, quando, pochi mesi dopo l’elezione del riformista Khatami alla presidenza, intervenne a demarcare i confini dei rapporti tra Repubblica islamica e Stati Uniti. Un anno dopo, nel 1999, in una fase piuttosto problematica della vita politica, Khamenei guidò cinque volte la preghiera del venerdì. Una sospetta “catena di omicidi” di intellettuali e dissidenti e una serie di manifestazioni degli studenti dell’Università di Teheran avevano infatti contribuito a creare un clima di forte tensione, con gli ambienti conservatori che guardavano con sospetto alle aperture del presidente riformista.

Khamenei guidò nuovamente la preghiera del venerdì il 19 giugno 2009, a una settimana dalla contestata rielezione di Mahmud Ahmadinejad. Il suo intervento fu la parola definitiva sull’esito di quella votazione: non ci sarebbero stati conteggi o verifiche, Ahmadinejad era il vincitore di quella votazione. Il suo discorso non bastò tuttavia a placare gli animi: le manifestazioni dell’Onda Verde proseguirono e il clima politico era così agitato che un mese dopo, il 17 luglio, la preghiera del venerdì fu affidata ad Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, nel tentativo – risultato poi vano – di riconciliare le anime del sistema.

Khamenei guiderà poi due preghiere del venerdì tra il 2011 e il 2012, nel mezzo delle cosiddette “primavere arabe”, da lui interpretate come episodi di un complessivo “risveglio islamico” della regione.

Pagliacci ed elezioni

Di tutto il discorso di Khamenei – la cui versione in inglese è consultabile qui – i media occidentali hanno riportato più che altro la frase in cui definisce il presidente Usa Donald Trump un “clown”. A dire il vero, Khamenei si rivolge probabilmente a tutta l’amministrazione Usa quando parla di “pagliacci americani che affermano falsamente e senza vergogna di essere accanto al popolo iraniano”.

Quasi tutte le analisi hanno sottolineato una sostanziale continuità nella linea politica di Khamenei: “massima resistenza” alla “massima pressione” degli Usa. Tutto vero, ma ci sono comunque alcuni punti da non tralasciare. Innanzitutto, la Guida non ha indicato un rifiuto totale a dialogare. Riporto le parole in persiano, a scanso di equivoci, ripetizioni comprese:

ما از مذاکره هم ابائی نداریم؛ البتّه نه با آمریکا، با دیگران؛ امّا نه از موضع ضعف، از موضع قوّت، از موضع قدرت.

“Non siamo contrari ai negoziati – non con gli Stati Uniti, ovviamente – con gli altri, ma non con una posizione debole, una posizione di potere, una posizione di potere”.

Il che vuol dire: adesso non possiamo negoziare. Ma non escludiamo di farlo in futuro.

Il discorso ha riservato poco spazio all’abbattimento dell’aereo ucraino, concentrandosi invece sulla grande partecipazione ai funerali del generale Soleimani e agli attacchi contro le postazioni americane in Iraq. A questo proposito è interessante notare il pressoché generale orientalismo dei media occidentali, che hanno parlato di “attacco voluto da Allah”. Non da Dio, casomai, ma “da Allah”.

Secondo aspetto. Khamenei ha tenuto in arabo una parte del discorso. Rivolgendosi ai Paesi vicini, ha sottolineato la necessità di cooperazione in campo mediatico, militare e scientifico, per una nuova civiltà di “cooperazione e conoscenza”. Un chiaro segnale ai Paesi arabi della regione: restiamo uniti, è l’unico modo per non soccombere.

Khamenei ha poi invitato gli iraniani a partecipare alle elezioni parlamentari del 21 febbraio, in modo da respingere le “cospirazioni dei nemici”.

Rouhani contro il Consiglio dei Guardiani

A proposito di elezioni, il presidente Hassan Rouhani ha criticato il Consiglio dei Guardiani per aver bocciato la candidatura di molti esponenti moderati e riformisti. “Così non sono elezioni, non c’è diversità. In questo modo si spingono molte persone all’opposizione (del sistema)”. Parole forti, che hanno provocato una risposta altrettanto dura. In una nota ufficiale, il Consiglio dei Guardiani ha accusato il presidente di non essere informato su come funzioni la selezione dei candidati, sostenendo inoltre che “in un momento in cui il Paese ha bisogno di unità, ci si aspetta che i commenti delle autorità siano più ponderati ed evitino di creare tensioni”.

Antonello Sacchetti

Giornalista, blogger, podcaster, autore di diversi libri sull'Iran.

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