Nuovo episodio nel Mare dell’Oman della guerra (non troppo) fredda tra la Mezzaluna e i Crociati
Tehran – Le immagini delle imbarcazioni militari super veloci dei Pasdaran che lanciano missili contro le navi americane: non è un film di Hollywood e nemmeno una pellicola di Farhadi, è ciò che la tv iraniana mostra in questi minuti, raccontando l’ultimo episodio di una guerra, ormai quasi giornaliera, che per lo più è fredda, ma che certe volte si consuma con estrema violenza.
Oggi, 3 Novembre 2021, i Pasdaran iraniani hanno divulgato una storia che ha dell’incredibile, ma che viene documentata con grande efficienza con le immagini: il 2 novembre, una petroliera iraniana che aveva attraversato lo stretto di Hormuz e stava per prendere il largo nell’Oceano indiano (si trovava quindi nel Mare dell’Oman), viene fermata dalla marina militare americana; i soldati a stelle e strisce avvicinano una loro petroliera alla nave cargo iraniana e trasferiscono il carico di petrolio sulla loro nave, iniziando a dirigerla verso un porto loro (forse l’isola di Diego Garcia, o probabilmente una delle loro basi nei paesi arabi).
Probabilmente la nave iraniana era diretta in Cina o in India, col transponder spento, tecnica utilizzata per evitare appunto azioni prepotenti americane, che non contente delle sanzioni economiche e bancarie, tentano di bloccare anche fisicamente l’esportazione di petrolio, la principale fonte di reddito del popolo iraniano.
Succede però che gli americani, che confiscando quel petrolio volevano soprattutto fare un qualcosa di simbolico e dimostrare la loro supremazia sulle rotte marine regionali, vengono sorpresi dalla marina dei Pasdaran, che piombano aviotrasportati sulla nave e si impossessano di essa (quella americana); la dirigono verso le acque iraniane e più volte le navi militari americane cercano di bloccarle il passaggio, ma le imbarcazioni lanciamissili dei Pasdaran e i droni bombardieri, inducono al ritiro gli americani.
È un fiasco militare per lo zio Sam, documentato e ripreso dai droni dei Pasdaran, che hanno informato che la grande nave e il suo carico di petrolio sono giunte sane e salve a Bandar Abbas, la mattina del 3 novembre. Si comprende quindi il perché del silenzio dei media americani (e anche quelli italiani), che si tengono vaghi sulla notizia, almeno fino alla sera del 3 novembre.
È un nuovo botta e risposta militare tra Iran e Stati Uniti; l’ultimo, a questi livelli, era quello del gennaio 2020, quando il giorno 3 Donald Trump portò il lutto nelle case degli iraniani assassinando l’eroe nazionale della lotta al terrorismo Qassem Soleimani (una sorte di Falcone per gli iraniani) e il giorno 8 dello stesso mese, l’Iran rispose bombardando con missili balistici ad alta precisione le basi americane di Erbil ed Ain Al Assad in Iraq, ferendo gravemente almeno 280 soldati americani; eventualità inizialmente negata da Trump, ma che si venne a conoscere nei mesi successivi.
Il problema è che lo scontro tra Iran e Stati Uniti, non è semplicemente l’affronto tra due nazioni con interessi opposti, ma la sfida tra due ideologie, due fronti.
L’Iran guida “Il fronte della Resistenza”, quello che per errore chiamano “Mezzaluna sciita” gli occidentali; un fronte formato da sciiti e sunniti, musulmani e cristiani, in Iran, Iraq, Libano, Siria, Yemen, Palestina (e forse anche in altri Paesi stanchi dell’altro fronte). Gli Stati Uniti guidano una coalizione dove figurano per primi Israele e Arabia Saudita, seguiti dai Paesi che riescono a convincere, per lo più monarchie.
La Mezzaluna, pur avendo i suoi difetti ed errori, aspira alla liberazione da un colonialismo e da una prepotenza che in Medio Oriente è ormai troppo vecchia e che ha stancato tutti; i Crociati (un termine sbagliato usato da Bush Jr. che però rende l’idea), hanno dalla loro parte la ricchezza, il potere di regimi totalitari e monarchie arabe, e le armi sofisticate israelo-americane, le sanzioni, e maggiore influenza nelle organizzazioni internazionali.
I primi seguono un’ideologia che cerca di interpretare in funzione moderna ed attuale la tradizione culturale e religiosa della regione, il secondo gruppo impone un’appiattimento sulla cultura occidentale, e sulla politica americana, entrambi ritenuti sinonimo del progresso.
Prima dell’11 Febbraio 1979, data della vittoria della rivoluzione islamica, praticamente questo scenario non esisteva, e l’Iran, è riuscito a costruire il suo fronte, non solo per la sua bravura, ma anche grazie alla complicità involontaria degli americani, che con le loro politiche si sono fatti odiare sempre di più.
Alla vigilia del 4 Novembre, data in cui nel 1979, l’Iran di Khomeini diede il più sonoro schiaffo agli Usa, arrestando quelle spie dell’ambasciata americana a Teheran che tramavano il ritorno dello Scià, un nuovo tentativo di intimidazione statunitense è stato neutralizzato; stasera la Mezzaluna brilla, ma tutti e due i fronti sanno che questo non è certo l’ultimo atto di questa battaglia dall’esito incerto.
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