La decisione degli Usa è chiaramente una provocazione. I pasdaran (Sepah-e Pasdaran-e Enqelab-e Islami, l’Esercito dei Guardiani della Rivoluzione islamica), nati nel maggio 1979 per espressa volontà di Khomeini, sono una componente importante del quadro politico e militare della Repubblica islamica. Hanno un ruolo determinante nella guerra tra Iran e Iraq (1980-88), distinguendosi nelle azioni di disturbo nel golfo Persico e nelle offensive su Bassora del 1982 e del 1987.
Dal 1992 sono direttamente collegati con le Forze Armate e detengono anche molti asset economicamente strategici.
Secondo l’articolo 150 della Costituzione della Repubblica islamica,
Il Corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, fondato nei primi giorni della vittoria di questa Rivoluzione, continua a svolgere le proprie funzioni di difesa della Rivoluzione stessa e delle sue conquiste. Le prerogative e i doveri di tale Corpo in rapporto alle prerogative e ai doveri delle altre forze armate saranno regolamentati dalla legge, che promuoverà la cooperazione fraterna ed il coordinamento di tutte le forze in questione.
Da un punto di vista politico, sono divenuti più importanti durante i due mandati di Khatami (1997-2005), quando – soprattutto dopo i movimenti studenteschi del 1999 – si ersero a paladini dell’ortodossia rivoluzionaria. Rimane celebre una lettera che ventiquattro comandanti dei pasdaran (tra cui Qasem Soleimani) inviarono al presidente Khatami minacciando, in sostanza, di intervenire qualora non avesse messo fine alle manifestazioni degli studenti.
Un impero economico
Paradossalmente, il peso economico dei pasdaran si è rafforzato proprio grazie alle sanzioni occidentali, perché ha permesso loro di gestire in modo più o meno occulto una parte dell’economia che veniva penalizzata proprio dalle misure degli Usa e dei loro alleati. Controllano da anni asset strategici dell’economia della Repubblica islamica (petrolio, comunicazioni) e possono contare anche su una rete di media controllati o comunque molto vicini (come le agenzie Tasnim e Fars)
Definire i pasdaran un’organizzazione terroristica è non solo una forzatura, ma un controsenso.
I pasdaran – e in particolare la Brigata Qods – sono stati fondamentali nel combattere l’Isis in Siria e in Iraq. L’Iran è l’unico Paese – insieme alla Russia – ad aver combattuto il califfato “boots on the ground”, inviando cioè propri soldati e pagando per questo un contributo di vittime molto alto, stimabile in migliaia di caduti. Ora gli Usa dichiarano nemici quelli che di fatto sono stati, se non alleati, co belligeranti nella lotta allo Stato Islamico. L’ennesima sterzata di Trump ha per ora prodotto un solo chiaro effetto: spostare i moderati e i riformisti iraniani – tra cui alcuni politici spesso critici nei confronti di pasdaran – su posizioni più dure.
In queste ore molti parlamentari iraniani si sono fatti fotografare con la divisa verde dei Pasdaran.

Un giornale riformista – Etemad – titola oggi: “Anche io sono un pasdar”.

Più in generale, il clima di accerchiamento che si respira in Iran a causa delle più recenti scelte della Casa Bianca, ha provocato un inasprimento dei torni, anche da quella parte dei vertici della Repubblica islamica che negli ultimi anni avevano cercato con ostinazione la strada del dialogo e del compromesso. I tweet al vetriolo del ministro degli Esteri Javad Zarif sono soltanto l’esempio più evidente.
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