Fermi tutti, in Iran si rivota. Non ovunque, ovviamente. Ma devono ancora essere assegnati 68 seggi su 290, che non sono proprio pochi. I ballottaggi non riguardano la città di Teheran che il 26 febbraio ha premiato la coalizione moderata. Sia la Guida Khamenei sia il presidente Rouhani hanno ricordato agli iraniani l’importanza di questo secondo turno, cercando di limitare un astensionismo che si preannuncia alto.
La campagna elettorale per i ballottaggi si è svolta senza sussulti, ma con un buon livello di partecipazione agli eventi della coalizione moderato-riformista. L’ex vicepresidente di Khatami, Mohammad Reza Aref , è stato molto attivo in questo senso.
In attesa dell’ultimo atto di questa tornata elettorale, la situazione nel Paese sembra in stallo, sotto diversi punti di vista.
Polizia religiosa e reporter in carcere
Con l’arrivo dell’estate, aumentano i controlli della polizia religiosa sull’abbigliamento delle donne nelle grandi città. E non è una novità.
Un tribunale rivoluzionario ha condannato tre giornalisti (due uomini e una donna) a lunghe pene detentive. Neanche questa è una novità. Si tratta di reporter di giornali e riviste su posizioni filo governative. Afarin Chitsaz, del quotidiano ufficiale del governo, Iran, ha avuto dieci anni. Ehsan Mazandarani, direttore del quotidiano Farhikhtegan, sette. Saman Safarzaee, del mensile Andisheh Pouya, cinque. Gli avvocati hanno annunciato il ricorso in appello.
La rimozione delle sanzioni
A livello politico – e di riflesso economico – tiene banco la questione della effettiva rimozione delle sanzioni. Il punto dolente è l’effettivo rientro dell’Iran nel circuito finanziario internazionale. Gli Stati Uniti stanno facendo di tutto per scoraggiare le proprie banche e quelle europee dall’intervenire in Iran. Per cui, formalmente, oggi la Repubblica islamica si apre al mercato mondiale, ma in pratica rimane isolata per mancanza di flussi finanziari indispensabili per i grandi investimenti. Il 15 aprile il governatore della Banca centrale dell’Iran Valiollah Seif si è recato a Washington per partecipare a un vertice della Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale. A detta dello stesso Seif, dall’implementazione degli Accordi sul nucleare (JCPOA)di tre mesi fa, non è successo “quasi nulla”. Lo stallo dà fiato ai conservatori che continuano a criticare l’amministrazione Rouhani per essersi “arresa” agli Stati Uniti senza ottenere nulla in cambio.
Kayhan: In che lingua dobbiamo ancora dire che gli Stati Uniti sono inaffidabili?
Il taglio dei sussidi
Ma la situazione davvero esplosiva è quella legata al taglio dei sussidi. Su proposta del deputato conservatore Ahmad Tavakoli (non rieletto) il parlamento uscente ha votato una legge che obbliga il governo a fermare – tra settembre 2016 e marzo 2017 – i sussidi che attualmente vengono versati a un terzo della popolazione iraniana.
Add comment